POESIA ESTEMPORANEA: "L'ANTICA NOVITÀ"

da: godotnews.it – gennaio 2005

L’organizzatore Paolo Zedda traccia il bilancio del festival di improvvisazione poetica, svoltosi a dicembre a Sinnai. Cinque giornate di convegni e concerti che hanno suscitato grande interesse. ‘Un successo. E ora dopo aver seminato, dovremo raccogliere’. E intanto il mondo dell’improvvisazione poetica, un viaggio nelle origini della poesia, risveglia passioni sopite

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Poeti estemporanei provenienti dai Paesi Baschi, da Cuba, Canarie, Messico, Argentina, Uruguay, dalla Toscana – fra cui David Riondino – oltre che dalla Sardegna: cantadoris campidanesi, s’ottada logudorese, il rap vernacolare di Reverendo Jones, ma anche la meno conosciuta repentina, una forma di improvvisazione rimasta inalterata dall’anno Mille, ancora viva nel Medio e Alto Campidano. Dall’8 al 12 dicembre scorsi si è tenuta a Sinnai e a Monserrato la seconda edizione di Musas e Terras, rassegna internazionale di improvvisazione poetica. Paolo Zedda, organizzatore del festival – nonché poeta improvvisatore lui stesso – ha conosciuto ed apprezzato gli ospiti di “Musas e Terras” quando gli è toccato essere ospite altrove nel mondo in rassegne analoghe, e ha voluto fare di Sinnai, sostenuto dall’amministrazione comunale, un centro di riferimento importante nel panorama mondiale dell’arte del verso improvvisato. Zedda traccia un quadro della rassegna e illustra il mondo della poesia estemporanea.
Che bilancio si può fare della rassegna “Musas e Terras”?
Molto positivo. Da una parte per il materiale davvero prezioso che abbiamo raccolto: relazioni degli studiosi che hanno preso parte alle mattinate di studio e registrazioni delle serate. Ma soprattutto positivo per l’entusiasmo con cui ha risposto il pubblico. Si è trattato di una scoperta, uno spettacolo assolutamente nuovo. Ha a che vedere con la poesia e con la musica, in quanto i versi vengono cantati e accompagnati quasi sempre da strumenti o voci, ma non è esattamente la poesia né la musica così come le conosciamo. È nuovo pure il modo di comunicare gli argomenti.
Nuovo? Eppure ha radici antichissime.
È nuovo per l’orecchio medio attuale eppure paradossalmente è la forma più antica della poesia; la poesia è nata così: improvvisata e cantata.
Che differenze ci sono tra queste forme e la poesia come l’abbiamo conosciuta a scuola?
La differenza principale è la potenza comunicativa dei poeti estemporanei. Oggi l’indagine di chi fa poesia letteraria è rivolta perlopiù alla perfezione formale (anche quando la si vuole infrangere), all’esplorazione di linguaggio e forme, talvolta a scapito della comunicazione. C’è un po’ l’ossessione della sperimentazione; talora sembra che prevalga la preoccupazione di entrare nella storia della poesia e della letteratura più che di far poesia.
Cosa caratterizza invece la poesia estemporanea?
Intanto il suo essere poesia nella forma più genuina, più vicina alla sua forma originale. E poi la collaborazione, il fatto che sia il risultato di una crescita collettiva, cui contribuiscono anche gli ascoltatori. Ripeto, nell’improvvisazione poetica c’è la necessità di comunicare con chi ascolta. Come giustamente osserva Alberto Masala, il poeta estemporaneo si misura costantemente sul palco e ha un riscontro immediato, è sempre sotto esame.
Ci sono delle caratteristiche che accomunano le varie forme di poesia improvvisata che esistono nel mondo?
Intanto la già accennata potenza comunicativa. E poi sono tutte appartenenti a un mondo sotterraneo che non arriva alla cultura ufficiale, tranne poche eccezioni come Cuba e i Paesi Baschi. In genere la poesia improvvisata proviene da una cultura rurale che viene un po’ snobbata dal mondo dell’accademia e dai grandi mezzi di comunicazione.
Oggi c’è una diversa attenzione?
Senza dubbio c’è maggiore interesse da parte del mondo accademico. Ai cultori storici come Paolo Pillonca si sono aggiunti gli etnomusicologi. Come Ignazio Macchiarella, docente di spessore internazionale, o il musicista Paolo Bravi che compirà un dottorato di ricerca fra le Università di Cagliari e di Bologna sull’improvvisazione poetica campidanese. Poi Michele Mossa, Marco Lutzu, ed altri ancora, tutti studiosi che si occupano del fenomeno. E poi gli stessi media sono meno distratti rispetto a qualche tempo fa. E questo sta succedendo da noi come altrove nel mondo.
A cosa si deve questa recente maggiore attenzione?
Direi piuttosto “a chi” si deve, e rispondo senza esitazione: a Maximiano Trapero, professore di Filologia dell’Università di Las Palmas de Gran Canaria. Lui ha inventato questo “movimento”. Ha iniziato con gli studi sulla décima, il metro che accomuna tutte le forme della poesia estemporanea di lingua spagnola, ha raccolto e registrato materiale, ha organizzato incontri e rassegne. Oggi la novità assoluta è che i poeti estemporanei del mondo sono riusciti a trovare una forza mettendosi in comunicazione tra loro. Ormai da qualche tempo poeti e studiosi si incontrano in festival dalla cadenza annuale. Ed è grazie a Trapero che questo è successo. Ha avvicinato l’accademia a un universo fino a quel momento ai margini, ma soprattutto ha fatto incontrare fra loro poeti della tradizione orale di diversa provenienza.
“Musas e Terras” avrà un seguito?
Abbiamo seminato, dovremo raccogliere. Non dimentichiamo poi che la Sardegna ha un posto di primo piano nell’universo della poesia estemporanea. Ora, dopo due rassegne e soprattutto grazie a una ricca tradizione di improvvisazione poetica, Sinnai può aspirare a diventare uno dei centri di riferimento nel panorama mondiale della poesia estemporanea. Anche perché gli amministratori hanno intuito che l’iniziativa ripaga.
Paolo Maccioni

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