Fra i tanti commenti sensati all’insensato insulto del premier, riporto quello di Claudio Magris sul Corriere della Sera di giovedì 6, in prima pag. dal titolo “Il vero insulto”: «Non è l’innocente volgarità da caserma che deve essere bollata. In quella frase c’è qualcosa di ben più grave e sovversivo, che perverte il senso della politica. Il presidente in via d’uscita ha offeso chi vota senza pensare solo al proprio interesse. Con un unico insulto ha liquidato secoli di pensiero liberale e di riflessione sul rapporto fra l’individuo e la collettività o lo Stato, fra l’interesse privato e quello pubblico, fra il bene individuale e quello comune. Aristotele Rousseau Locke Croce Einaudi e innumerevoli loro colleghi entrano così d’ufficio nella categoria che il presidente in scadenza ha definito con simpatica familiarità goliardica ossia nella categoria di chi vota, opera, agisce pensando non soltanto al suo interesse, non soltanto al suo particulare. È questa l’aberrazione, non il linguaggio colorito e plebeo.»

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