Arundhati Roy su Mumbai

La grande scrittrice indiana scrive un lungo articolo (qui in inglese su the Guardian) dal titolo: “Mumbai non è il nostro 11 settembre“. Un articolo profondo e interessante, nel quale Arundhati Roy ricorda che i sospettati finora arrestati dalla polizia – sia hindu che musulmani – sono tutti di nazionalità indiana, nonostante le cornacchie e i soloni d’Occidente vaticinino una guerra col Pakistan. Pochissimi alle nostre latitudini infatti sanno che esiste un terrorismo hindu o sanno del genocidio del Gujarat del 2002, pochissimi mettono in dubbio che gli attentati di Mumbai siano opera di Al-Qaeda, la nebuolsa inafferrabile, spauracchio buono per tutte le stagioni. Quei pochi che conoscono bene il subcontinente India affiorano poco ai canali mainstream dell’informazione. L’autrice de “Il dio delle piccole cose” ricorda poi nel suo articolo tutti gli attentati e gli spargimenti di sangue dell’India lontani dalle telecamere dei network planetari (Ahmedabad, Bangalore, Delhi, Guwahati, Jaipur, Malegaon), i contorni davvero complessi non compartimentabili in nazionalità e appartenenze nette ed il coinvolgimento di funzionari di polizia negli attentati ai treni Sabarmati Espress del 2002 e del Samjhauta Express del 2007, il fatto che i militanti delle famigerate Tigri del Tamil del vicino Sri Lanka siano stati addestrati dall’esercito indiano.

L’articolo si conclude con questa frase (che estrapolata dal contesto perde molto del suo significato): “L’unico modo di contenere (sarebbe ingenuo dire metter fine) il terrorismo è guardare il mostro nello specchio. La strada sulla quale ci troviamo si biforca: su un cartello c’è scritto Giustizia, sull’altro Guerra Civile. Non c’è un terzo cartello, non si può tornare indietro. Bisogna scegliere.”

Val la pena di leggerlo per intero, conoscendo l’inglese.

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One Response to Arundhati Roy su Mumbai

  1. paolo dicono:

    Su Internazionale di questa settimana (19 dicembre) l’articolo è tradotto in italiano!

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