L’Inferno è poco. In morte di Massera

L’Inferno è poco. In morte di Massera, l’assassino dei desaparecidos, l’amico dei poteri forti (pubblicato su Megachip e ripreso da antimafiaduemila e Informare per Resistere)

È morto ieri all’età di 85 anni Emilio Eduardo Massera, l’ammiraglio che coi generali Jorge Rafael Videla e Orlando Ramón Agosti, costituì il trimuvirato che prese il potere in Argentina col golpe del 24 marzo del 1976 instaurando il cosiddetto Processo di Riorganizzazione Nazionale (1976-1983). Un Processo che insanguinò l’Argentina, responsabile di 30mila desapareciones, di migliaia di uccisioni senza processo, di un esodo enorme, dell’impoverimento del Paese, dell’ipoteca del suo futuro: «una miseria pianificata, raro frutto di fredda deliberazione e rozza inettitudine» – come denunciò lo scrittore e giornalista desaparecido Rodolfo Walsh – la cui onda lunga si abbatté drammaticamente con il default della nazione fra il 2001 e il 2002.

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3 Responses to L’Inferno è poco. In morte di Massera

  1. paolo dicono:

    L’ammiraglio Massera fu il responsabile diretto del centro clandestino di detenzione, tortura e sterminio allestito presso la Esma, la Scuola Meccanica della Marina, a Buenos Aires, dove passarono circa cinquemila detenuti desaparecidos. Oggi la Esma, grazie all’impegno del compianto ex presidente Néstor Kirchner, è un Museo, è “Luogo della Memoria e della promozione e difesa dei Diritti Umani”.
    Massera non poté beneficiare delle leggi che garantivano l’impunità a tutta la catena militare dai quadri intermedi ai sottufficiali: la legge della “Obbedienza dovuta” e la legge del “Punto Finale”, promulgate dal primo presidente democratico post-dittatura Raúl Alfonsín (una democrazia concessa e non conquistata, sotto costante ricatto da parte dei vertici militari). Così, nel 1985, Massera fu condannato per tre omicidi, dodici casi di persecuzione, sessantanove privazioni di libertà e sette sequestri. Ma beneficiò dell’indulto elargito agli alti vertici militari dall’allora presidente Carlos Menem.
    Nel 1998 fu nuovamente condannato per il sequestro di neonati partoriti nei centro di detenzione. Il giudice spagnolo Baltasar Garzón lo incriminò con l’accusa di genocidio e chiese la sua cattura internazionale, impedendogli così di lasciare l’Argentina, come aveva fatto per l’ex presidente golpista cileno Augusto Pinochet. È bene ricordare che l’allora premier spagnolo José María Aznar stigmatizzò l’attivismo del giudice Garzón bollandolo come ansia di protagonismo (“aspiración al estrellado”).
    Ma finalmente, il 31 agosto di quest’anno, la Corte Suprema ha confermato le sentenze dei tribunali di grado inferiore, affermando l’incostituzionalità dell’indulto concesso da Menem e ristabilendo così la condanna originale del 9 dicembre 1985, giacché, secondo il Diritto Internazionale, sussiste «l’obbligo da parte dello Stato Argentino non solo di investigare ma anche di perseguire i delitti aberranti, obbligo che non può essere soggetto ad eccezioni».

    Dal 2009, inoltre, Massera era sottoposto a processo in contumacia a Roma per l’assassinio di tre cittadini italiani in Argentina (Angela Aietta, Giovanni Pegoraro e sua figlia Susanna), vicenda processuale ben documentata sul portale http://www.24marzo.it e riassunta in un bell’articolo di Horacio Verbitsky.
    Sarebbe tuttavia un esercizio sterile limitarsi a ripercorrere le nefandezze dell’aguzzino Massera senza provare a comprendere le complicità internazionali che gliele permisero o addirittura delegarono.

    Il Vaticano: lo stesso 24 marzo del 1976, a poche ore dal golpe, l’arcivescovo Adolfo Tortolo, presidente della Conferenza episcopale e capo dei cappellani militari, ricevette Videla e Massera promettendo loro il suo pieno appoggio. Il nunzio apostolico di Buenos Aires, Pio Laghi, fu il compagno di tennis preferito dall’ammiraglio assassino, fu a conoscenza di tutto ciò che accadeva alla Esma e non mosse un dito per impedirlo. Intanto i vescovi Angelelli e Ponce de León, i sacerdoti e seminaristi pallottini, le monache francesi Alice Domon e Léonie Duquet e una sterminata schiera di religiosi e di cattolici laici spesero la loro vita per opporsi alla dittatura, abbandonati dalle gerarchie ecclesiastiche.

    Gli Stati Uniti: le forze armate avevano consolidato nel tempo il loro ruolo come partner in affari delle compagnie straniere, principalmente degli Stati Uniti. Già nel 1970, 260 ufficiali di rango sedevano nei consigli di amministrazione delle compagnie straniere, e nel 1971 le forze armate avevano preso il controllo del 66% delle cento maggiori compagnie del paese.

    Nel dicembre 1973 il presidente USA Robert Nixon nomina Robert Hill ambasciatore in Argentina. Hill in passato era stato nominato membro del Consiglio Direttivo della United Fruits Company come ricompensa per il suo ruolo nell’aver promosso il colpo di stato CIA in Guatemala nel 1954. Hill fu anche un fiduciario dell’Istituto Americano per lo Sviluppo del Lavoro Libero, che infiltrava uomini nei movimenti sindacali dell’America Latina, cercando di dividerli.
    Documenti segreti del governo degli Stati Uniti, declassificati nel 2002, provano che il governo statunitense era a conoscenza già dal 1978 che i cadaveri di Azucena Villaflor, fondatrice delle Madri di Plaza de Mayo, e delle madres e attiviste Esther Ballestrino, María Ponce, della suora Léonie Duquet e delle altre sequestrate erano stati ritrovati sulle spiagge argentine. Un’informazione che fino ad allora fu mantenuta segreta e non fu mai comunicata al governo democratico argentino. Il dato è contenuto nel documento n. 1978-BUENOS-02346 redatto dall’allora ambasciatore degli Stati Uniti in Argentina Raúl Castro, per il Segretario di Stato degli Stati Uniti e porta la data 30 marzo 1978.
    Henry Kissinger raccomandò ai militari argentini: «fate in fretta e limitate il sangue». Temeva che si ripetesse l’indignazione planetaria esplosa due anni prima per il golpe in Cile.

    Il FMI, la Banca Mondiale: come scrisse ancora una volta Rodolfo Walsh, nel suo j’accuse-testamento “Lettera aperta alla Giunta militare”, spedita il giorno della sua scomparsa: «Dettata dal Fondo Monetario Internazionale secondo un ricetta che si applica indistintamente a Zaire o Cile a Uruguay o Indonesia, la politica economica di questa Giunta riconosce soltanto come beneficiari la vecchia oligarchia degli allevatori di bestiame, la nuova oligarchia degli speculatori e un gruppo scelto di monopoli internazionali a cominciare dalla ITT, dalla Esso, dall’industria automobilistica, dalla U.S. Steel, dalla Siemens, cui sono personalmente legati i ministro Martínez de Hoz e tutti i membri del vostro gabinetto. Privatizzando le banche si mettono il risparmio e il credito nazionale nelle mani della banca straniera, indennizzando la ITT e la Siemens si premiano imprese che hanno truffato lo Stato, ripristinando i punti vendita si aumentano i profitti della Shell e della Esso, ribassando le tariffe doganali si crea occupazione a Hong Kong o a Singapore e disoccupazione in Argentina.»

    La P2: Emilio Eduardo Massera, tessera P2 numero 478. E come lui tanti altri ufficiali golpisti. Licio Gelli fece il lavoro sporco, creando teste di ponte sia fra i peronisti che circondarono Isabelita Perón, sia fra i militari che li rovesciarono, ma a beneficiare dell’oscuro lavoro del suo “ministero sottotraccia” furono anche le grandi aziende italiane che contribuirono a soffocare definitivamente l’agonizzante industria argentina, un tempo florida e autosufficiente.

    L’Unione Sovietica: l’ammiraglio Massera fra gli alti gradi del triumvirato golpista fu il più abile a conquistarsi il silenzio dell’URSS: l’80% delle esportazioni di granaglie argentine finirono verso Mosca: si comprò così il mutismo di molti partiti comunisti europei che si allinearono con i sovietici, come raccontò bene Osvaldo Soriano sul Manifesto.

    Massera disse: «Quando la cronaca svanirà, perché la storia si farà più nitida, i miei figli e i miei nipoti pronunceranno con orgoglio il cognome che ho lasciato loro.»
    Oggi non è più cronaca, oggi è già Storia. E sfortunatamente per lui non è andata come credeva. «L’inferno è poco» titola oggi in prima il quotidiano argentino «Página/12».

  2. ventopiumoso dicono:

    ottima biografia di massera. e concordo con il titolo 🙂
    ho usato un passaggio del tuo post su pio laghi nel mio autocommento a questo post laconico su massera
    e ben detto scritto e fatto!

  3. paolo dicono:

    Grazie ventopiumoso e grazie dell’informazione su La Nueva Provincia, che schifo, non sapevo!

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